La Scala Shepard è una band pop-rock romana, la cui musica è caratterizzata dall’incontro della tradizione cantautorale, la musica elettronica e il rock. La formazione è nata a inizio 2015 tra le strade del quartiere romano Trastevere. Abbiamo incontrato Alberto Laruccia che ci ha parlato del loro nuovo disco “Bersagli”.
Com’è nata la tua ultima produzione? C’è stata un’ispirazione particolare, e se sì quale?
Abbiamo sentito il bisogno di tirare fuori la voce, di alzare il volume; di essere più intimi nei testi e più di impatto; di raccontare le nostre violenze quotidiane e questa sorta di post-adolescenza infinita. Ludovica Russo, Igor Pardini e Gianmarco Dottori ci hanno riacchiappato, limato ed eccoci qui.
Quali sono le tue principali influenze?
In questo disco ci sono Battiato, De Andrè, Bersani, Ciampi; i Baustelle (non te n’eri accorto eh), gli Afterhours, i Verdena; i Ministri, i Fask e gli Zen Circus; David Byrne, Bowie, i Radiohead e Damon Albarn; Steve Reich e Arvo Part. Giochiamo, insomma. In futuro vorremmo aumentare la quota Krautrock.
Come nascono i tuoi brani?
Solitamente sono appunti. Una frase dà il via. Ma spesso è un giro armonico o un’idea melodica che lo fa. A volte è un ritornello e quindi il brano parte dalla seconda strofa. Sono confuso.
Cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?
Se fai un buon disco, autentico e sincero, la gente (prima o poi) verrà ai tuoi concerti e una buona parte di loro si innamorerà della tua sincerità, del tuo essere novità. Presumibilmente dovrai avere tanta pazienza e ci vorranno degli anni. Ma la solidità del prodotto credo sia imprescindibile.
Un aspetto positivo ed uno negativo del fare musica?
Il pubblico è la cosa più positiva ma se ti fai condizionare dal suo giudizio può diventare la cosa più negativa.
Credi che un artista debba schierarsi politicamente? Approvi la politica nella musica?
Sono dell’idea che tutto ciò che si muove attorno a noi e che permette di muoverci è politica. Tutti gli ascolti che abbiamo citato sopra sono fortemente politici. Se penso ai punti di connessione tra POP da classifica e politica nell’ultimissimo periodo mi viene in mente il brano che Motta ha portato a Sanremo; mi viene in mente Levante di “Andrà tutto bene” o Willie Peyote. Tanto contenuto, ottime produzioni e suoni, fruibilità massima e garantita. Pop ma anche solidamente politico. E poi, tornando a noi… “Bersagli” ha in copertina un uomo schiacciato da un palazzo. Credo sia abbastanza politico.
Come pensi incida l’esser attori nel mondo musicale nel campo delle relazioni personali?
Al momento molto poco. La musica è a portata di tutti (non solo quella ascoltata ma anche quella suonata). I fenomeni vanno e vengono con una velocità più intensa di prima per cui anche “il mito e l’adorazione incondizionata verso un artista perché è artista” va scemando. Figuriamoci nei nostri confronti che siamo quattro scappati di casa… Piuttosto il rischio è di soffrire la mancanza di fama. Già se sei un musicista si crea la famosa situazione del “eh ma poi che fai per lavoro?”, se sei affermato quasi quasi ti salvi, ma figuriamoci se sei un emergente. Sono uscito dal recinto?
Un artista (vivo o morto) con cui faresti un featuring?
Te ne do 3: Battiato, Danny Elfman e Dave Grohl (pensa che super band)
Quando ti sei ubriacato l’ultima volta?
10 anni fa. Hai preso l’unico praticamente astemio del gruppo, che sfiga e quanto rock&roll!
Domande da pistola alla tempia, da rispondere senza tergiversare:
Beatles o Rolling Stones? Beatles
Venditti o De Gregori? De Gregori
Pasta o pizza? Pasta
Birra o vino? Vino (è vero che bevo mooolto poco ma quando lo faccio vado deciso).
Chitarra o pianoforte? Sono un chitarrista. Direi pianoforte.
Arrivederci o addio? Arrivederci sempre
È più Umberto Tozzi il Rod Stewart italiano o è più Rod Stewart l’Umberto Tozzi scozzese? Ovviamente la seconda che hai detto.
Progetti per il futuro?
Tanti live. Ma tanti, speriamo…