Con l’imminente uscita di un nuovo album, Geddo rivela cosa troveremo nelle nuove canzoni. “Ho ricercato la somiglianza, la complicità e il riconoscersi nella musica”
Com’è nata la tua ultima produzione? C’è stata un’ispirazione particolare, e se sì quale?
Tre anni fa ho prodotto un disco dal titolo Alieni che rappresentava l’alienazione, la diversità e la difficoltà crescente a comprendersi veramente. Fratelli che invece uscirà a giugno di quest’anno ne sarà un disco complementare. Ho ricercato la somiglianza, la complicità e il riconoscersi che, soprattutto la musica, ha saputo creare per me e il mio mondo. Naturalmente, come in tutta la mia produzione, questi macro-temi sono delle libere ispirazioni e non delle gabbie per le canzoni che nascono comunque libere.
Quali sono le tue principali influenze?
Purtroppo, o per fortuna, vedo arrivare i 50 e quindi la mia passione per la musica ha attraversato tanti periodi. Dopo un’enciclopedica cultura sulla musica d’autore tra i 18 e i 22 ho virato decisamente sul rock internazionale anche più sperimentale; poi intorno ai 27 la sbandata totale per Bob Dylan, mai guarita del tutto. Poi Springsteen, poi Cohen, poi Radiohead… alla fine posso dire che quando dieci anni fa ho iniziato a realizzare dischi ero una persona completa ancora affamata di nuova musica ma anche sempre pronta a riconsiderare i vecchi amori. Ne esce una produzione credo fin troppo eterogenea, con talmente tanti rimandi da sembrare persino originale. Aggiungo di essere stato un patito di concerti; ne ho visti davvero tanti e lo faccio anche oggi anche se attualmente preferisco quelli piccoli dove davvero ormai vive la vera musica indipendente.
Come nascono i tuoi brani?
In diversi modi e in diversi tempi. C’è la canzone di getto (e di Geddo) che nasce in una mattinata, magari da un sogno o da una considerazione fresca che non puoi rischiare di perdere. E c’è l’idea che appunti su un foglio o sul computer e che poi nel tempo vai a rivedere finché non la associ ad una melodia che hai creato nel frattempo. È un processo che può richiedere mesi o anche anni. Periodi in cui ti viene in mente una riflessione o uno spunto che può andare bene per quella vecchia canzone che devi completare o che si riferisce ai temi di un disco.
Cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un profilo Instagram con tanti follower e un buon disco?
Conta solo il buon disco. Poi noi, poveri manager indipendenti di noi stessi, stiamo esplorando nuovi mondi digitali. Per me che non sono di primo pelo la sensazione è un po’ quella di camminare sulla luna. Ma è pur sempre viaggio ed esplorazione dunque va bene.
Un aspetto positivo e uno negativo del fare musica?
La cosa più bella è l’autenticità che regala al tuo rapporto con la vita. Il riconoscersi tra appassionati e parlare la stessa lingua di persone di ogni età e di ogni parte del mondo. A volte anche il parlare con te stesso di te stesso nella solitudine di un ascolto in cui ti specchi senza trucco. La più brutta è la devastazione che opera nei confronti della tua vita personale con le sue pretese di totalità, di incontro e di apertura sempre e comunque.
Come pensi incida far parte del mondo musicale sulle relazioni personali?
Come dicevo nella risposta precedente la musica per chi la vive come me non è l’hobby della domenica mattina, il pomeriggio libero in garage. È una tensione creativa e comunicativa continua che non è facile da sposare per chi vive con te. Però prescindendo dai rapporti affettivi è una chiave per aprire e comprendere le persone anche oltre sé stesse. A volte un vero e proprio passe-partout per entrare in sintonia anche con sconosciuti. Anche se bisogna stare attenti perché quello che svela la musica non è per forza sempre bello.
Cosa pensi dei messaggi politici all’interno delle canzoni? Credi che un artista debba schierarsi politicamente?
Un artista deve essere libero ed indipendente. All’interno di questa libertà può e deve schierarsi senza timore ogni volta che lo ritenga giusto. In questo senso però deve aggiornarsi e istruirsi cercando di dire cose sensate dando più un contributo di lucidità umana che un momento di propaganda. Forse in un momento digitale come questo aiutare di più le persone a sentire con intelligenza o a ragionare senza prescindere dal sentire potrebbe essere un atteggiamento utile e necessario più che agitare una bandiera. Personalmente apprezzo la canzone c.d. “politica” ma apprezzo di più gli artisti che nell’ambito di una produzione eterogenea esprimono ogni tanto delle canzoni anche nette e corrosive di politica ai cantanti la cui produzione sia al 90% di canzoni politiche. Più per un fatto di ripetitività della proposta.
Un artista (vivo o morto) con cui faresti un featuring?
Un duetto con Bob Dylan lo farei. Ma scendendo nella realtà devo dire che ho collaborato con un sacco di artisti che adoro e che per me sono immensi. Zibba, Sergio Pennavaria, Federico Sirianni, Folco Orselli, Alberto Visconti. Dovendo tornare alle cose impossibili il mio sogno è Fiona Apple.
Quando ti sei ubriacato l’ultima volta?
Dichiaro il 2020 anno nero dell’alcol. Per quanto sia stata davvero una serata mitica non bevo praticamente dal 4 gennaio. Record personale in cui incide al 120% la pandemia.
Roulette Russa / Domande da pistola alla tempia, da rispondere senza tergiversare:
Beatles o Rolling Stones? Beatles
Venditti o De Gregori? Il primo Venditti e l’ultimo De Gregori. In finalissima la spunta DE Gregori.
Pasta o pizza? Pasta
Birra o vino? Vino rosso
Chitarra o pianoforte? Chitarra
Arrivederci o addio? Arrivederci
È più Umberto Tozzi il Rod Stewart italiano o è più Rod Stewart l’Umberto Tozzi scozzese Tozzi è il Rod de’ noantri
Stiamo vivendo giorni molto complicati a causa dell’emergenza Coronavirus. Come ti senti nel dover affrontare questo momento e quanto sta incidendo l’emergenza sulla tua attività e sui tuoi progetti futuri?
Purtroppo la pandemia interferisce chiaramente con l’attività live a supporto del mio prossimo disco che è completamente sospesa. È un vero peccato perché credo siano pezzi realizzati proprio e soprattutto per la dimensione live che io adoro. Vivo come tutti l’inutilità della nostra passione. Nulla è più inutile dell’arte e di un artista in tempi di guerra e di pandemia. Lo accetto tenendomi attivo e cercando di caricarmi a molla per il post crisi in cui di colpo diventeremo l’attività più importante di tutte. Quella in prima linea a riconnettere la socialità e la socievolezza delle persone. Sarà una missione importante e stimolante, forse addirittura un ripartire da zero.
A proposito: progetti per il futuro?
Tornare a vivere, al Live e instaurare una tale rete di conoscenze e collaborazioni che alla fine tutti si accorgeranno di quanta roba bella e autentica frigge sottotraccia in questo paese.
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