Giovanni Succi si definisce un “metal-punk convertito al blues”. La sua carriera iniziata negli anni ’90, lo ha visto nelle fila di gruppi come i Bachi Da Pietra, i Madrigali Magri, La Morte o lo Spam and Soud Ensemble. Oltre alla musica non ha mai nascosto la sua passione per la letteratura che lo coinvolge in letture e conferenze e per la fotografia. Lo abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo ultimo album Carne Cruda a Colazione perché, come dice lui stesso, ogni sua canzone è carne presentata cruda.
Se dovessi riassumere la tua ultima produzione in tre parole quali sarebbero e perché?
Carne: algoritmo dopo algoritmo restiamo di carne
Cruda: perché la vita ce la sbatte in faccia spesso e cruda
Colazione: perché è il momento in cui comincia tutto
Come hai affrontato la produzione del disco?
Mi sono affidato a Ivan Antonio Rossi che aveva prodotto “Con Ghiaccio” e con cui ho collaborato anche con i Bachi da pietra e altri. Lui ha un taglio molto elettronico ed è anche un mago dell’acustica. In alcuni brani abbiamo usato percussioni minimali fatti addirittura con delle padelle mescolate ad elettroniche spinte. Un mix che mi emoziona molto. Mi sono affidato a lui perché gli posso dare carta bianca. Anche Rodrigo D’Erasmo ha collaborato al disco e con lui Cristan Martinelli che con me porta l’album dal vivo.
Come hai organizzato il live?
Saremo in due. Da una parte semplifica le cose ma dall’altra le complica. Per ora abbiamo fatto i primi showcase e sono andati molto bene.
Cosa cerchi in un live da spettatore e cosa ti emoziona quando assisti a un concerto?
Sono vecchio e stronzo e mi emozionano le cose che non sembrano scontate o cliché. Non mi piacciono le cose che pensano di prendermi per il…cuore.
Qual é lo strumento o il suono che più di ogni altro incarna la tua personalità?
Per me è la cara e vecchia chitarra. Ho iniziato lì e alla fine riparto sempre da lì. Infatti coi Bachi da pietra è accordata due toni sotto, in DO.
Disco o singolo, cosa ha più senso fare oggi?
Dipende chi sei e cosa fai. Io non sono un giovinotto di 20 anni che vuole fare colpo su quelle di 14. Per me ha senso fare un album con una sua visione di insieme e una sua coerenza per chi vuole seguirlo. Nel mio caso ho provato a pubblicare un singolo come l’anno scorso con “Balene per me” ma non è stato premiato dagli algoritmi.
Gli algoritmi sono una tematica ricorrente. Vuoi parlarcene?
Oggi decidono loro. Quando avevo 18 anni ero un metallaro e per me esisteva solo il metal. Se avessimo insegnato questa lezione al nostro algoritmo di 20 anni, staremmo ascoltando i cloni dei cloni dei Saxon. Invece mi sono dato la possibilità di uscire dai miei schemi. Io ho iniziato ad ascoltare dischi che lì per lì non mi piacevano ma ho voluto riascoltarli e ho scoperto artisti come Lou Reed, Howlin’ Wolf. Bisogna dare tempo e possibilità ai propri gusti di cambiare. Se a 18 anni avessi potuto mettere un pollice giù a Tom Waits potrei non averlo mai scoperto.
È più importante il live o essere presenti con costanza sui social?
Live tutta la vita. Perché il live lo vivo io, la foto no. Non vivo di esperienze riflesse dal resto del mondo, vivo le mie. Però fatemi tante foto.
Qual è il ricordo più bello legato alla musica che conservi?
Ne ho due, entrambi in un certo modo bello. Uno legato quando sono andato a Norimberga al Monster of Rock. Lì ho visto i Metallica dal vivo e i metallari tedeschi che appena saputo che ero italiano mi hanno chiamato traditore e mi volevano linciare.
Il secondo è la prima volta che ho visto Tom Waits dal vivo perché mi ha messo una voglia di ridere pazzesca, tanta la gioia che provavo. E tutte le volte che ho visto Paolo Conte dal vivo.
L’esperienza peggiore che ti sia mai capitata sul palco?
Quando in un centro sociale in provincia di Alessandria sono entrati dei tizi solo per rompere il cazzo. Mi hanno rovinato il live ed è finita con me che brandivo il reggi chitarra come ascia.
Cosa ti ha spinto a fare musica?
Credo sia stavo un pomeriggio steso al cinema mentre ero alle elementari e ho visto Grease. Vedere tutta questa gente che ballava il rock mi ha fatto male.
3 dischi che non possono mancare nella tua playlist?
Swordsfishstrombones di Tom Waits, No sleep ’till hammersmith dei Morothead e un disco qualsiasi dei Portishead.